Quella poltrona con la seduta di paglia era sempre stata lì. Per tre anni entrando in quella sala d'aspetto la poltrona c'era sempre stata e lei l'aveva sempre vista. Erano cambiati i cuscini, le poltroncine, l'arredamento, il colore delle pareti, la poltrona no. Lo studio dentistico si era anche trasferito da uno stabile a un altro e la poltrona era sopravvissuta anche al trasloco. Certo, lei l'aveva vista logorarsi lentamente sotto il peso di tutti quelli che aspettavano. Uomini e donne che, oltre al loro peso specifico, appoggiavano lì tutto il peso della paura e della preoccupazione generato dall'imminenza della visita dentistica.
All'inizio anche H. si sedeva sempre e solo su quella poltrona, era la più accogliente, la meno asettica, ma quando aveva visto i primi segni di cedimento aveva subito smesso di sedersi lì, non voleva che la poltrona si rompesse. Settimana dopo settimana spiava con preoccupazione lo stato della paglia della seduta, la gente non capiva, andava avanti incurante a torturare quella povera paglia in cui inevitabilmente si aprivano piccoli squarci.
L'ultima volta che era stata dal dentista aveva visto la paglia completamente sfondata. Solo qualche cuscino ne aveva pietà e cercava di coprire un danno ormai evidentemente irreparabile.
Oggi H. è tornata dal dentista e la poltrona non c'è più, al suo posto è stata messa un'altra poltroncina bianca. H pensa che è troppo tempo che va dal dentista, ora perfino la poltrona ha ceduto e se n'è andata e lei si sente un po' sola.
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