Per esempio, il focacciaro di corso 22 Marzo con il suo negozio che ha un'insegna al neon rosa: "focacceria" dico, lui è felice?
Insomma, lui sta lì nel suo negozio e chissà come sta.
Forse durante il giorno non se lo chiede se è felice o no, fa le focacce, dà i resti, mette le cose nei sacchetti di plastica, non so un pezzo di focaccia farcita e una bibita.
La sera, però, quando per esempio come oggi, il suo negozio è vuoto e può tenere la porta aperta perché non fa freddo e così sente un po' i rumori della strada ma in fondo c'è silenzio, magari se lo chiede se è felice.
Dopo un giorno intero di: "Salve", "Buongiorno", "Buon pomeriggio", "Ecco a lei", "La servo subito", "Si figuri", "Buonasera", "Sì gliela preparo", "No, mi spiace, l'abbiamo finita..." c'è, forse, un secondo in cui si chiede se è felice?
Lui e il vecchio col cappello che leggeva sull'autobus, le due ragazze che ballavano alla fermata, la coppia che sfrecciava in motorino, i quattro amici che ridacchiavano fermi al semaforo perché uno era vestito tutto di bianco, la coppia che stava seduta fumando sul muretto del parco, i bambini che venivano sgridati dal loro papà mentre scendevano dalla macchina, tutta questa gente è felice? almeno un po'? E si chiede mai se è contenta? E come farà a essere contenta? ci sarà un momento in cui si sente se stessa, a casa, abbracciata, amata, oppure tutti non fanno altro che vendere focacce tutto il giorno, salutare affannosamente e servire un cliente dopo l'altro?.