Un giorno di qualche anno fa, mentre ancora frequentavo i corsi di
abilitazione all’insegnamento, mi trovai in preda al classico languorino
pomeridiano.
Iniziai ad aspettare la fine della lezione a cui stavo assistendo con
l’intensità di un naufrago che attende di essere salvato e, quando suonò la
campanella, mi lanciai con un ricco bottino di monete alla macchinetta che
stava nel corridoio dell’università.
Ciò che mi trovai davanti fu una specie di colosso metallico a tre ante,
con una tastiera da astronave spaziale che prometteva ogni sorta di ben di dio
a chi, sicuro dei suoi desideri, avesse saputo scegliere uno snack nella
miriade di soluzioni proposte.
Piombai nell’indecisione più completa e iniziai a valutare tutte le
golose alternative che ammiccavano dall’altra parte del vetro: Kitkat,
M&Ms, tarallini, patatine, Fiesta, succo di frutta, mini Cocacola,
caramelle ecc… ecc… .
Valutai i pro e i contro di ogni prodotto e alla fine acquistai,
trionfante, un Kitkat. Fu in quel momento, mentre scartavo la mia sudata
conquista, che capii che la macchinetta delle merendine, in compagnia di quella
del caffè è uno dei più grandi strumenti di civilizzazione dell’umanità.
Innanzitutto, in un mondo in cui l’indecisione e il dubbio prendono il
sopravvento, la macchinetta delle merendine obbliga alla certezza e alla
scelta. Schiacciare 35B e gustare un Bounty è tutt’altra cosa che premere 27A e
sgranocchiare, sbriciolando ovunque, presunti taralli pugliesi al gusto
rosmarino. Chi va alla macchinetta deve sapere cosa vuole, deve avere delle
certezze, prendere una posizione e se, come dice Mary Poppins: “chi ben
comincia è a metà dell’opera”, determinarsi su un piccolo snack pomeridiano è
un primo passo per scelte più grandi.
Altro contributo alla vita dato dai distributori automatici, in
particolare di quelli del caffè, è lo sviluppo delle relazioni umane. “Vieni ti
offro un caffè”, “beviamoci un caffè e facciamo quattro chiacchere”; “pausa
caffè?” sono frasi che preannunciano, sempre, l’inizio di una grande amicizia
e, tra l’altro, a un prezzo assolutamente contenuto. Con, se va male, 40
centesimi, si può facilmente ottenere: una bella figura fatta offrendo il caffè
a un amico a un collega; una bevanda al gusto di caffè che contenga la caffeina
necessaria alla sopravvivenza e, infine, una pausa dalla frenesia della vita
quotidiana in cui condividere storie di vita e, perché no, qualche
pettegolezzo.
Esperienza comune è, poi, la disavventura del “mi ha mangiato i soldi”.
Le macchinette si guastano e “mangiano i soldi”. Non danno resto, ma il povero
utente non se ne accorge prima e vede il suo euro imprigionato nella torre
metallica, si innervosisce, inizia a abbassare convulsamente la levetta vicino
alla fessura delle monete e a imprecare… il che insegna a non prendersela per
cose da poco. La macchinetta ti dice che perdere un euro non è la fine del
mondo e che bisogna imparare a ridere delle piccole disavventure della vita.
A proposito di soldi si può poi enumerare l’ennesimo valore della
presenza dei distributori nelle nostre esistenze: insegnano la parsimonia e il
risparmio.
Se vuoi prendere qualcosa alle macchinette devi avere moneta, senza
moneta, il più delle volte – le oasi con i cambia soldi sono cosa da favole –
rimani a bocca asciutta. Per avere la merendina o il caffè devi esserti
preparato prima, aver custodito ogni centesimo, aver mentito al cassiere del
supermercato che ti chiedeva:”Hai un euro?”. Così, strategia dopo strategia e
centesimo dopo centesimo chi lotta per avere la sua confezioncina di biscotti diventa,
inevitabilmente, una piccola formica operaia di primo livello.
Ogni mattina, quando ormai insegnante abilitata, salgo i gradini della
mia scuola e mi fermo a fare una piccola spesa alle macchinette ringrazio di
questa grande invenzione, con soli 1.60 euro ottengo 1 acqua, 1 caffè e dei
biscotti Krumiri e sono pronta per iniziare una nuova giornata certa che se ci
fossero più macchinette tutti starebbero meglio!