martedì 9 febbraio 2016

La casa delle ombre

La casa delle ombre

Una folata di vento spalancò d’improvviso una delle finestre e entrò la luce. 
il solito turbinio di piccolissimi e invisibili granelli di polvere divenne visibile e tutte le cose contenute all’interno della stanza furono investite della stessa evidenza. 
La casa era un appartamento, fatto di un’unica grande camera, gli oggetti e i mobili all’interno erano disposti in modo più o meno ordinato. Era chiaro che qualcuno abitava tra quelle mura, ma l’impressione generale era che l’inquilino si fosse da poco trasferito. 
Entrò la luce e le ombre si resero conto di esistere. 
Iniziarono timidamente a osservarsi, erano opache, sui toni del nero. Ognuna apparteneva, senza saperlo, a qualche oggetto presente nella stanza e condivideva con le altre la medesima sorte. 
L’ombra del divano iniziò a sporgersi dal suo limite e si mise a fissare intensamente l’ombra della lampada: era allungata, stretta; quella dello scatolone appoggiato sul pavimento, invece, era molto più ingombrante, squadrata e decisamente meno elegante.
miss. ombradeldivano trovò di assomigliare maggiormente alla signora ombrascatolone, anche se non poteva non ammettere che miss. lampada, nella sua sinuosa silouette, avesse fascino da vendere. 
Le sarebbe piaciuto avere l’eleganza della signorina lampada, ma mantenere la pacifica e severa calma della signora scatolone. 
La macchia opaca del divano cominciò pertanto a fare dei tentativi di movimento, cercò di allungarsi con discrezione, ma cercando di mantenere la forma rettangolare che le piaceva tanto. Le due cose sembravano inconciliabili, inoltre miss divano non capiva perché le riuscisse così difficile attuare un cambiamento che la rendesse simile alle sue coinquiline adagiate sul pavimento della stanza. 
Poco lontano si distendeva l’oscurità del maglione che era stato abbandonato sullo schienale di una sedia; subito accanto a lui tiranneggiava l’ambiente l’opacità di mr. pianoforte. 
Le curve di mr.ombradelmaglione riuscivano intollerabili al loro proprietario, si scrutava disgustato e trovava di essere molliccio, indefinito, un po’ insignificante. La presenza accanto a lui di pianoforte era poi una specie di condanna. Per quanto provasse a essere monumentale, il buio generato da maglione non sfiorava neanche lontanamente l’imponenza del dottor. piano. 
Le stesse preoccupazioni, diversamente articolate, appartenevano a ogni singola ombra presente in quella grande camera. Ognuna di loro stava cercando di capire per quale ragione dovesse presentarsi con una certa forma, perché non era possibile assomigliare al proprio vicino e smussare un angolino o restringersi di qualche centimetro. 
In verità dei cambiamenti avvenivano, ma nessuna delle piccole o grandi macchie riusciva a capire quale ne fosse la ragione. Erano passate circa due ore da quando il vento aveva spalancato la finestra, e sia miss. ombradeldivano sia mr. maglione erano sicuri che qualcosa si fosse andato modificando in loro. Il non comprenderne l’origine, però, li esasperava forse di più del non riuscire a darsi una forma secondo il proprio gusto. 
Fu lampada che ebbe un’intuizione geniale, iniziò a osservarsi più attentamente, dalla testa ai piedi e smise di guardare in giro forsennatamente tentando di imitare l’ombra della pianta.
improvvisamente l’opacità della lampada si accorse che proprio dai suoi piedi si innalzava, verticale, staccandosi dal pavimento, qualcosa che le assomigliava molto, ma era consistente. Il colore era diverso e l’aspetto decisamente più rassicurante.  
miss. ombradilampada iniziò a osservare con curiosità la vera lampada e dietro di essa il raggio di luce che la colpiva. 

D’un tratto si sentì pacificata. 

Nessun commento:

Posta un commento