domenica 18 marzo 2012

Guanti azzurri e macchie



S. apre gli occhi solleva il braccio, apre e chiude la mano verso il soffitto della sua camera poi richiude gli occhi e pensa: “Adesso mi alzo a d e s s o m i a l z o ”, praticamente si rotola giù dal letto, a memoria raggiunge la porta del bagno e comincia lentamente a levarsi il pigiama. Lo specchio è lì che attende le sue macchie nere e, infatti, loro ci sono. La pelle di S. è cosparsa di tante macchie nere, qualcuna è grande, qualcuna è piccola, alcune ci sono sempre state da che S. si ricordi, altre sono comparse con il tempo. Le conta: 72. Nessuna novità. Non sono nei o voglie sono chiazze nere sembra quasi che stiano un filo sotto alla pelle, danno una sensazione di bruciore, non sempre e con diversa intensità.
Scelta dei vestiti: pantaloni blu, maglietta viola, maglione verde, scarpe bianche. Aprire le ante del suo armadio è come entrare in un bazar indiano: vestiti colorati, cangianti, ha cappelli gialli, giacche rosse, magliette disegnate, stampate, tinta unita. I colori sono tanti, tantissimi, tutti insieme vicini, mischiati, non divide le cose per colore ma lascia che giacciano tutte lì, insieme. Specchio di nuovo, visione d’insieme stavolta vestita, niente nero.
Caffè, tazza, cucchiaino, sedia. Taglia una fetta di torta e poi sedia di nuovo.
Suona il campanello, arrivano i suoi amici, vengono spesso, stanno lì, a casa sua tutto il giorno, non arrivano insieme però arrivano e stanno lì. S. trova che ognuno di loro sia molto interessante, le piace che stiano lì, in casa sua, seduti attorno al suo tavolo, le piace poter far loro da mangiare e anche se le macchie le fanno male sorride. Ognuno di loro allarga il cuore di S..
In verità è da dire che nella città di S. tutti hanno le macchie sulla pelle, chi più chi meno ma tutti hanno le macchie fin dalla nascita e, in alcuni casi, esattamente come per la ragazza le macchie sono andate aumentando negli anni.
La gente odiava le macchie, piangeva per loro, tanti cercavano in tutti i modi di nasconderle, di fingere che non ci fossero e la medicina era arrivata anche a ottimi risultati. Erano state prodotte creme ultra coprenti, unguenti lenitivi che addolcivano il bruciore delle macchie fino a farlo diventare quasi un leggero brivido. Insomma in fondo i cittadini, negli anni, avevano imparato a conviverci con questa storia delle macchie. I genitori avevano imparato a nasconderle e tanti di loro avevano insegnato ai figli come fare. Qualcuno le usava come punti di partenza per dei tatuaggi, le ricopriva d’inchiostro e le soffocava lì sotto. Il sindaco della città era riuscito quasi a dimenticarsi di averle, le seppelliva sotto tanta di quella crema che non le vedeva più, se non quando si sentiva molto solo.
S. sa che anche i suoi amici, quindi, devono avere le macchie ma non sa se sono di quelli che le sentono bruciare come lei, se hanno deciso di non guardarle, se hanno deciso di non pensarci quindi lei non parla con loro delle macchie. Studia, li studia. Si fanno compagnia,  a volte lei ha come la sensazione che loro si accontentino davvero di stare lì, di starle attorno come la corolla di un fiore, di ridere alle scemenze che lei o che qualcuno degli altri dice. Quando pensa queste cose le sue macchie bruciano tantissimo. Ogni tanto invece capita che anche S. riesca a dimenticarsi delle sue macchie, Si destreggia bene, non si preoccupa più di tanto, gestisce.
S. guarda uno dei suoi amici negli occhi, le piace guardare la gente negli occhi, lo guarda, si sofferma un po’ troppo a lungo e allora le macchie tornano a farsi sentire.
Le capita così anche quando incontra per strada gli sconosciuti, quando va in banca e il tizio dello sportello è gentile, quando il carabiniere che fa la guardia al Duomo fa una battuta sui turisti, lei si affeziona e le macchie tornano a bruciare e le chiedono di essere curate, le ricordano che i vestiti sgargianti non sono abbastanza, che gli amici che le fanno "corona" non sono abbastanza, che le sue sole forze, che il suo lavoro, le mura della sua casa non sono abbastanza.
Ci sono altri amici, con cui S. si veste di nero, sono gli amici con cui il cuore di S. riposa, loro sanno tutto, sanno delle macchie e non hanno paura, le ricordano che le macchie sono più belle dei suoi vestiti colorati, sono più belle delle scemenze che dice perché sono la parte di S. che può essere amata. Quando esce con loro S. indossa sempre i guanti azzurri, i suoi preferiti, quelli che sembrano il cielo, alza il braccio in aria, apre e chiude la mano e si riposa, davvero.    

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