domenica 18 marzo 2012

Invito a cena


A quell’invito ci aveva pensato tantissimo.
Non che fosse una persona egoista e non era nemmeno da dire che la sua casa fosse piccola. Era una casa abbastanza grande, molto luminosa ma l’architetto l’aveva fatta di un materiale molto fragile. Le pareti sembravano quasi di carta, non era carta, è ovvio, nessuno fa le case di carta ma erano comunque molto sottili, erano delle pareti lievi. Sulle fondamenta niente da dire, quelle erano solide era il resto che l’architetto l’aveva voluto leggero.
Comunque lei, all’inizio, quando era andata ad abitare lì, non la sapeva questa faccenda delle pareti e quindi aveva sempre riempito la sua casa di persone e anche di cose. Le cose le piacevano tantissimo, anche le persone le piacevano tantissimo. Tutte queste cose e queste persone, però, nel tempo, avevano segnato tutte le pareti, qualcuno aveva fatto anche dei buchi spostandosi maldestramente con la sedia oppure lasciando cadere la cenere della sigaretta. Lei cercava di sistemare subito ogni cosa, graffettava alle pareti pezzi di altra carta, stuccava alla meglio i segni sui muri e faceva la sua vita.
Un giorno però iniziò a piovere e la casa si riempiva d’acqua, acqua in cucina, acqua in sala, acqua nelle camere, nei bagni, acqua dappertutto e C. fu costretta a chiudere la casa e a chiamare un restauratore di quelli veri, di quelli che costano, che finché non hanno messo per bene a posto tutto così che poi funzioni non se ne vanno, di quelli che ti dicono: “Signora, guardi qui, lo vede questo segno, ecco guardi, stia attenta”!
Il restauratore era davvero bravo ma un po’ lungo, la ragazza andava avanti a fare la sua vita, ma non invitava più tutti quelli di prima e comprava meno oggetti. Ogni tanto veniva qualcuno a trovarla, qualcuno che aveva a che fare con la compagnia di restauro e che non aveva mai fatto troppi danni anche quando era stato invitato a cena prima della pioggia.
Insomma, è per questo che la ragazza, a quell’invito, ci aveva pensato a lungo.
Poi, alla fine, si era decisa, la casa era abbastanza in ordine adesso, il restauratore aveva fatto e faceva un buon lavoro e forse si poteva osare, si poteva provare a invitare più di uno alla volta e così invitò tre amici. Erano una donna e due uomini. La ragazza preparò ogni cosa, pulì la casa, apparecchiò la tavola con ordine e tirò fuori uno dei suoi servizi di piatti migliori, quelli che solo a Pasqua e a Natale, cucinò, taglio il pane e poi aspettò che arrivassero.
Uno dei due uomini e la donna arrivarono puntuali.
La donna salutò la ragazza e iniziò a riempirla di parole, il suo tono della voce era alto e aveva un modo di muoversi un po’ sgraziato, toccava tutto, sollevava ogni soprammobile e poi lo riponeva al suo posto; dal modo con cui toccava le cose sembrava quasi che volesse appropiarsene e questo spaventava un po’ la padrona di casa che però aveva deciso di non curarsene.
L’uomo puntuale entrò più dimessamente, salutò e iniziò ad aggirarsi per l’appartamento come in cerca di qualcosa, non si capiva se fosse contento di essere stato invitato, non si esprimeva, continuava a girare per le stanze senza dire niente. C. provava ad attirare la sua attenzione mostrandogli la sua foto preferita o il panorama che si vedeva dalla finestra della cucina, lui si avvicinava, dava un’occhiatina e poi cambiava argomento, la padrona di casa non capiva perché facesse così e lo guardava pensierosa.
Il terzo uomo arrivò in ritardo.
Comunque alla fine si sedettero tutti e quattro a tavola, l’uomo che era arrivato tardi guardò i piatti con sufficienza e disse che li aveva già visti da qualche parte, che gli ricordavano qualcosa, disse alcune parole a proposito del reparto casalinghi dell’Iper sotto casa sua poi cambiò argomento.
Iniziarono a mangiare. La donna faceva un sacco di complimenti poco sinceri e un sacco di osservazioni, l’uomo puntuale non diceva niente l’altro continuava a interrompere i dialoghi, a commentare il cibo.
C. parlava poco, aveva sempre parlato poco, osservava il tutto, un po’ con apprensione, un po’ con dolore, un po’ era solo contenta che loro fossero lì, dopo tanto tempo la sua casa sembrava di nuovo adatta a ricevere ospiti. 
La cena non durò molto, la donna con la sua insistenza riuscì a farsi regalare un soprammobile, l’uomo puntuale fu il primo ad andarsene, silenzioso e incurante com’era arrivato. Il terzo guardò C., le chiese se il giorno dopo poteva dargli uno strappo alla stazione perché la sua macchina era rotta, poi sorrise e chiuse la porta dietro di sé.
C. si sedette un attimo al tavolo, osservò le briciole, i piatti e le bottiglie, era un po’ stanca, guardò le pareti della casa, avevano retto, uno strappo c’era ma non sentì la necessità di chiuderlo subito, lo osservò, cercò di ricostruire il momento in cui era stato fatto ma non riusciva a dirlo, forse lei era di là in cucina e quindi non si era accorta.
Sì, le venne in mente che se non avesse invitato nessuno quello strappo non ci sarebbe stato, che adesso avrebbe dovuto mettersi al lavoro per ripararlo ma scacciò questi pensieri e si disse che era molto più contenta di aver potuto, un po’ come riusciva, amare i suoi ospiti.    

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